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Ina Yeey, Ali Nafto Munye - TOXIC WASTE DUMPING IN SOMALIA

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ATTUALITA'

 

Parla un boss:

Così lo Stato pagava la 'ndrangheta per smaltire i rifiuti tossici

 

Condannato per traffico di droga. Ha collaborato con l'Antimafia. Ritenuto attendibile, ora ha consegnato ai giudici un memoriale. Esplosivo

 

di Riccardo Bocca

 

A partire dal giugno 2004 'L'espresso' ha pubblicato una lunga serie di articoli riguardo al traffico internazionale di rifiuti tossici e radioattivi. Un lavoro che ha avuto come prima tappa la ricostruzione del caso Rosso,

 

la motonave che nel 1990 si è arenata su una spiaggia calabrese e che tutt'oggi è al centro di un'indagine della Procura di Paola. In seguito, l'inchiesta del nostro giornale si è allargata all'intera vicenda delle cosiddette 'carrette del mare', le navi che tra gli anni Ottanta e Novanta sarebbero state affondate volontariamente con il loro carico di scorie tossiche e nucleari. Affari di dimensioni planetarie che sono stati investigati dalla Procura di Reggio Calabria, e che avrebbero coinvolto in decine di nazioni politici e faccendieri, servizi segreti e industriali, massoni e malavitosi. Uno scenario segnato dalla morte misteriosa del capitano Natale De Grazia, consulente chiave degli inquirenti, nonché dalle tracce di scambi occulti tra Italia e Somalia nella stagione della cooperazione, secondo alcuni causa dell'omicidio dei giornalisti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.

 

Ora 'L'espresso' è venuto a conoscenza di un nuovo documento. Un lungo e dettagliato memoriale scritto da un ex capo della 'ndrangheta (vedi scheda), qui tenuto anonimo per ragioni di sicurezza, già in passato collaboratore di giustizia e oggi con un cumulo di pena pari a trent'anni per associazione a delinquere e traffico internazionale di stupefacenti. Alla Direzione nazionale antimafia ha consegnato pagine scritte in prima persona, con episodi vissuti direttamente, dove le rivelazioni sull'affondamento doloso delle navi radioattive si alternano a quelle sui traffici internazionali di armi e sulle convergenze con uomini dello Stato e dei servizi segreti. Tutto materiale che, ovviamente, dovrà essere vagliato nei minimi particolari dai magistrati, i quali peraltro stanno già da tempo lavorando su fronti connessi, in modo da confermare o smentire tutte le responsabilità delle persone citate. E soprattutto dovranno essere verificati con la massima attenzione i siti, italiani e non, dove l'autore del memoriale indica la presenza dei fusti con scorie tossiche e radioattive. Un percorso che 'L'espresso' seguirà passo passo, nella speranza di raccontare al più presto la verità su questi gravi fatti. Il primo capo della 'ndrangheta a capire l'importanza del business dei rifiuti tossici e radioattivi è stato Giuseppe Nirta. Nel 1982 era il responsabile del territorio di San Luca e Mammasantissima, ossia il vertice supremo dell'organizzazione. Per questo aveva contatti a Roma con personaggi dei servizi segreti, della massoneria e della politica... Inizia così il memoriale consegnato all'Antimafia da un ex boss della 'ndrangheta. Il quale precisa: "Allora non avevo rapporti diretti con i massimi vertici della famiglia di San Luca, a cui ero affiliato, in quanto il mio livello era quello cosiddetto dello 'sgarro', e gestivo solo estorsioni. Nirta però era un lontano cugino di mia madre, e per questo avevo una corsia preferenziale con lui, il quale più volte mi assicurò che il business dei rifiuti pericolosi avrebbe portato tanti soldi nelle nostre casse".

 

In soccorso del ministro

 

"In particolare", si legge, "Nirta mi spiegò che gli era stato proposto dal ministro della Difesa Lelio Lagorio, col quale aveva rapporti tramite l'ex sottosegretario ai Trasporti Nello Vincelli e l'onorevole Vito Napoli, di stoccare bidoni di rifiuti tossici e occultarli in zone della Calabria da individuare. L'ipotesi ventilata a Roma era quella di sotterrarli in alcuni punti dell'Aspromonte e nelle fosse naturali marine che c'erano davanti alle coste ioniche della Calabria. Nirta però mi disse che non voleva prendersi da solo questa responsabilità, e avrebbe quindi convocato i principali capi della 'ndrangheta nella provincia di Reggio Calabria per decidere cosa fare. Mi informò anche che sia la camorra napoletana che la mafia siciliana erano già state interpellate sullo smaltimento dei rifiuti, e che avevano dato il loro benestare. La cosa comunque", scrive l'ex boss, "non si sviluppò subito. Ci furono una serie di riunioni nei mesi successivi che si svolsero all'aperto presso il santuario di Polsi, sui monti alle spalle di San Luca, dove si teneva anche l'incontro annuale di tutta la 'ndrangheta. Agli incontri parteciparono le famiglie di Melito Porto Salvo nella persona di Natale Iamonte, di Africo nella persona di Giuseppe Morabito ('u tiradrittu), di Platì nella persona di Giuseppino Barbaro, di Sinopoli nella persona di Domenico Alvaro, di Gioiosa Marina nella persona di Salvatore Aquino e naturalmente di San Luca nella persona di Giuseppe Nirta. Fu lo stesso Nirta a riferirmi i particolari, perché aveva deciso che avrei dovuto occuparmi dell'aspetto organizzativo della famiglia di San Luca, e dunque dovevo conoscerne la struttura e gli affari più importanti".

 

"Da queste riunioni", scrive l'ex boss, "non uscì però un fronte comune. C'erano divergenze di opinione, perché non si voleva che sostanze pericolose fossero sepolte in Aspromonte, territorio amato dai capi e allo stesso tempo area dove abitualmente venivano nascosti i sequestrati. Alla fine fu deciso di entrare nel grande affare dei rifiuti pericolosi, con l'accordo che ogni famiglia avrebbe gestito le attività nel rispetto reciproco ma per i fatti propri. Si cercò così di trovare siti che fossero fuori dalla Calabria, oppure all'estero, e alla fine la scelta cadde per quanto riguarda l'Italia sulla Basilicata, perché terra di nessuno dal punto di vista della malavita. Quanto all'estero, si presero contatti con la mafia turca, referente della 'ndrangheta per l'acquisto dell'eroina, e la persona a cui facemmo riferimento era Mehmet Serdar Alpan, il quale è stato anche finanziatore dei Lupi Grigi. Da questo momento i miei capi iniziarono a tenermi costantemente informato di come evolveva la situazione, e il mio primo impegno diretto nel campo dei rifiuti pericolosi è avvenuto alla fine del 1986, anche se l'operazione ebbe un prologo nella primavera del 1983".

 

"Fu allora", spiega l'ex boss nel suo memoriale, "che venne inviato a Roma da Sebastiano Romeo, il quale nei mesi precedenti era succeduto a Nirta come capo della famiglia di San Luca. Voleva che incontrassi l'avvocato Giorgio De Stefano, cugino del boss Paolo De Stefano della famiglia reggina e uomo con potenti agganci politici. Romeo mi disse che dovevo farmi indicare da lui in quali nazioni estere ci fossero entrature per smaltire i rifiuti tossici e radioattivi. De Stefano mi disse che il posto ideale era la Somalia, precisando che per questo sarebbe stato utile prendere contatti con i vertici del Partito socialista. Dopodiché, sempre tramite l'avvocato De Stefano, ebbi un appuntamento a Roma con Pietro Bearzi, allora segretario generale della Camera di commercio per la Somalia. Ci vedemmo in un albergo dietro a via Cristoforo Colombo, dove gli dissi esplicitamente che avevamo individuato la Somalia per smaltire i rifiuti tossici e radioattivi, e quindi gli chiesi se fosse in grado di aiutarci. Un disturbo, gli dissi genericamente, che gli sarebbe stato retribuito con generosità. Lui mi diede la sua disponibilità, chiedendomi a che livello ci muovessimo, e io risposi vago che avevamo i necessari referenti politici".

 

Seicentobidoni in Basilicata

 

"Ci lasciammo dicendoci che ci saremmo rivisti con un piano dettagliato", prosegue l'ex boss. "Quindi riferii tutti i particolari a Sebastiano Romeo, il quale mi disse soltanto: 'Va tutto bene, ma non facciamo le cose di fretta'. Aggiungendo, come amava fare lui, un proverbio: 'La gatta che ha fretta partorisce figli ciechi'. In effetti di quelle questioni non ci occupammo fino all'ottobre del 1986, quando vivevo a Reggio Emilia per gestire il traffico di droga della famiglia di San Luca in Emilia Romagna e Lombardia. In questo contesto facevo affari con la famiglia Musitano di Platì, il cui capo era Domenico, detto 'u fascista per il suo piglio da dittatore, il quale era libero in attesa di processo ma che per un'ordinanza non poteva risiedere in Calabria, ragione per cui si era trasferito a Nova Siri, in provincia di Matera. Mi chiese un incontro", si legge, "e mi disse che c'erano da far sparire 600 bidoni contenenti rifiuti tossici e radioattivi, chiedendo se io e la mia famiglia potessimo interessarci per le varie fasi di trasporto e collocazione. Prima di tutto gli domandai quanto ci avremmo guadagnato, e chi gli aveva prospettato questo lavoro. Mi spiegò che era stato avvicinato dal dottor Tommaso Candelieri dell'Enea di Rotondella, il quale stoccava in quel periodo rifiuti provenienti da Italia, Svizzera, Francia, Germania e Stati Uniti, e che in quel preciso momento aveva l'esigenza di far sparire questi fusti che erano stati depositati in due capannoni dell'Enea stessa. Quanto ai soldi, avrei intascato 660 milioni per tutte le fasi dell'operazione. Per questo incontrai a Milano, in piazzale Loreto, Giuseppe Romeo, fratello di Sebastiano, il quale scese poi in Calabria per riferire. Dopo una settimana, ritornò a Milano e mi diede il via libera".

 

"Come appoggio", spiega l'ex boss della 'ndrangheta, "Musitano mi diede la di sponibilità del genero, Giuseppe Arcadi, il quale mi aiutò a trovare i camion e gli autisti per il trasporto dei rifiuti. Calcolammo che per 600 fusti ci sarebbero voluti circa 40 mezzi, i quali dovevano prelevare i bidoni dai capannoni a Rotondella, trasportarli nel porto di Livorno e caricarli su una nave che sarebbe partita per la Somalia. Sembrava tutto pronto", scrive, "ma Musitano fu ucciso dalla 'ndrangheta davanti al tribunale di Reggio Calabria, dove era stato convocato per un'udienza. Questo fermò momentaneamente il nostro lavoro, che però riprese a gennaio del 1987, perché lo stesso Musitano poco prima di morire mi aveva presentato Candelieri, col quale avevo stretto i primi accordi nel corso di un incontro a casa del Musitano stesso".

 

Da Livorno a Mogadiscio

"La nave che usammo per l'operazione", continua il memoriale, "si chiamava Lynx, era di proprietà della società Fyord Tanker Shipping di Malta e il broker era la Fin-Chart, la quale aveva sede a Roma ed era legata alla società svizzera Achair & Partners. Entrambe facevano capo alla società Zuana Achire, che aveva sede a Singapore e il cui amministratore era il cittadino indonesiano Gurda Ceso. Preciso", scrive l'ex boss, "che la nave Lynx era stata noleggiata dalla società con sede a Opera Jelly Wax, di Renato Pent, al quale avevo chiesto una copertura dopo che mi era stato segnalato dal segretario generale della Camera di commercio italo-somala Pietro Bearzi. Il fatto è che, secondo i nostri calcoli, nella stiva ci sarebbero stati solo 500 bidoni, e dunque si poneva il problema di dove smaltire gli altri 100. Fu così che decidemmo di procedere con un doppio piano: 500 fusti sarebbero partiti per la Somalia, mentre i rimanenti 100 sarebbero stati nascosti in Basilicata. Per l'esattezza, diedi ordine che fossero trasportati e seppelliti nel comune di Pisticci, in località Coste della Cretagna, lungo l'argine del fiume Vella".

 

"Partecipai direttamente all'operazione, che si svolse tra il 10 e l'11 di gennaio 1987", racconta l'ex boss. "Partimmo con i 40 camion caricati a Rotondella verso le due di notte e un'ora dopo arrivammo con sette o otto di essi al fiume Vella, dove era stata predisposta la buca che fu riempita con i bidoni e poi ricoperta. A preparare la fossa erano stati i macchinari messi a disposizione da Agostino Ferrara, uomo di Musitano che abitava a Nova Siri, il quale procurò anche i fari per illuminare l'area. Nelle stesse ore, gli altri camion proseguivano per il porto di Livorno, dove li aspettava la Lynx e dove finito il lavoro in Basilicata sopraggiunsi anch'io a bordo della mia Lancia Thema con Giuseppe Arcadi. Le fatture con descrizioni false per imbarcare le scorie tossiche e radioattive erano state preparate da un commercialista di Milano, che mi era stato presentato dal commercialista Vito Roberto Palazzolo di Terrasini (oggi latitante), ed erano intestate alla International consulting office di Gibuti. La nave infatti partì da Livorno diretta a Gibuti, ma invece di attraccare raggiunse Mogadiscio. A quel punto, entrò in azione l'appoggio che avevo chiesto al segretario generale della Camera di commercio italo-somala, il quale aveva organizzato camion e manodopera per lo scarico dalla nave e il carico su camion. I rifiuti", si legge, "sono stati portati alla foce morta del fiume Uebi Scebeli, dove sono stati seppelliti alla bene e meglio con gli escavatori reperibili sul posto, in accordo con il capo tribù della zona Musa Sudi Yalahow". Tutto il lavoro, racconta l'ex boss, "ci costò 260 milioni, che furono aggiunti al compenso. Quanto ai 660 milioni concordati, provenivano dal conto criptato 'whisky' della Banca della Svizzera italiana di Lugano. Il faccendiere Marino Ganzerla mi diede appuntamento nella stessa Lugano ai primi di febbraio e mi pagò in contanti per conto di Candelieri. Mi consegnò la cifra in dollari, e io inviai 500 milioni di lire alla famiglia di San Luca".

 

Uranio, kalashnikov e mazzette

 

"L'operazione", continua il memoriale, "era filata liscia. Tutti erano soddisfatti, per cui qualche anno dopo (nel frattempo sono stato in carcere) ripetemmo il lavoro. Questa volta fui io a contattare Candelieri. Nel novembre del 1992 gli chiesi per conto sempre della famiglia di San Luca se ci fossero affari da svolgere. Andai personalmente nel suo ufficio all'Enea di Rotondella e la sua risposta fu che 'in quel campo il lavoro non manca mai'. In questo caso si riferiva al trasporto di altri mille bidoni di rifiuti tossici e radioattivi. Specificò che c'erano fanghi e rifiuti ospedalieri e che si trattava di ossido di uranio, cesio e stronzio, il tutto contenuto in fusti che a loro volta erano stati sistemati in 20 container lunghi 25 metri e alti 6 di proprietà della società Merzario Marittima, che tra l'altro controllava per conto delle autorità somale l'ingresso delle navi nel porto nuovo di Mogadiscio. Per organizzare il tutto", scrive l'ex boss, "contattai Mirko Martini, che ho conosciuto alla fine del 1992. Il suo nome mi era stato fatto da Giuseppe Romeo, fratello del boss Sebastiano, che lo aveva conosciuto personalmente e mi aveva garantito essere la persona giusta per i nostri affari. Preciso che Martini era un faccendiere col titolo di conte che abitava a Piacenza e aveva la residenza anche a Mogadiscio, dove era in affari con Omar Mugne, titolare della Shifco, società proprietaria delle navi che il governo italiano aveva regalato a quello somalo . Durante una cena all'hotel Hilton di Milano", continua, "ho spiegato allo stesso Martini che dovevo trasportare rifiuti pericolosi in Somalia e avevo bisogno di appoggi nel porto. Lui mi ha risposto dicendomi letteralmente di essere 'intimo del presidente ad interim della Somalia Ali Mahdi, nonché uomo dei servizi segreti italiani e collegato a buon livello alla Cia americana', aggiungendo che per quanto riguardava la Somalia non c'era alcun problema per fare entrare qualsiasi cosa. Inoltre mi ha spiegato che aveva già in ballo un traffico di armi che doveva fare arrivare a Mogadiscio per conto di Ali Mahdi, e mi ha chiesto di procurargli quelle armi per realizzare un'unica spedizione con due navi che avrebbe recuperato lui stesso".

 

"I pescherecci in questione", spiega l'ex boss, "erano il Mohamuud Harbi e l'Osman Raghe, entrambi di proprietà della Shifco, che a sua volta faceva capo alla Al Mahdi Group Company. Le armi erano 75 casse di kalashnikov, 25 casse di munizioni e 30 di mitragliette Uzi, che furono caricate in Ucraina dalla fabbrica Ukrespets Export a bordo della nave Jadran Express con bandiera maltese, affittata per mio conto dall'avvocato Pasquale Ciola di Ostuni e dal suo amico Pasquale Locatelli, i quali avevano società a Gibilterra, Cipro e in Croazia che si chiamavano Rio Plata Limited e Business investiment company. La Jadran", racconta, "fece scalo a Trieste, dove le armi furono caricate su due camion e trasferite nel porto di La Spezia, luogo in cui furono trasbordate dentro un capannone portuale in attesa di essere reimbarcate sulla Mohamuud Harbi. Nel frattempo, Martini versava alla Ukrespets Export 375 milioni di lire facendo una transazione tramite la Kreditna Banka di Trieste. Io invece mi sono in parallelo preoccupato di organizzare il traffico dei rifiuti tossici e radioattivi. La Merzario Marittima ha fornito, oltre ai container, anche 20 camion, che hanno caricato i rifiuti presso la centrale Enea del Garigliano, dove c'era anche Candelieri a sovrintendere le operazioni. Dopodiché i rifiuti sono arrivati al porto di Livorno e sono stati caricati sulla Osman Raghe. Le navi Mohamuud Harbi e Osman Raghe partirono dall'Italia in contemporanea e arrivarono nei primi giorni del febbraio 1993 nel porto nuovo di Mogadiscio. Lì", si legge, "aspettavano uomini e mezzi messi a disposizione da Giancarlo Marocchino, caro amico di Mirko Martini e in quel momento molto potente in Somalia, il quale utilizzò autocarri tenuti in un deposito al quarto chilometro della strada dell'aeroporto. Le armi furono a quel punto portate al quartier generale di Ali Mahdi, mentre i rifiuti vennero trasferiti in diversi punti. Un quarto è stato seppellito al chilometro 150 della strada tra Berbera e Sillil, nella zona costiera del Bosaso. Un altro quarto è stato portato alla foce del fiume Webi Jubba, vicino al confine col Kenia. Un altro quarto ancora è stato seppellito nel breve tratto di strada tra Dhurbo e Ceel Gaal, nel Bosaso, e l'ultimo quarto è stato seppellito sotto la strada Garoe-Bosaso, al chilometro 37,700".

 

"L'operazione", commenta l'ex boss della 'ndrangheta, "si è svolta ancora una volta senza problemi e ha previsto vari pagamenti. Il contatto Abdoullahi Yussuf per la di sponibilità del territorio ha voluto 1 miliardo 200 milioni di lire, che gli furono pagati da Candelieri in Svizzera presso il Credit Suisse di Lugano, dove lo accompagnai personalmente fino alla banca. Io ho preso da Candelieri 8 miliardi 800 milioni in contanti, che ho ritirato alla Hellenic Bank di Sarajevo. Di questi, 350 milioni andarono a Mirko Martini, 300 li ho spesi in organizzazione varia, 200 milioni servirono per pagare il trasporto delle navi, mentre a Marocchino feci avere 400 milioni tramite Marino Ganzerla. Alla fine, festeggiai il buon esito con diversi membri della famiglia Romeo affittando l'intero ristorante 'Piccolo padre' a Milano, nei pressi di piazza Cinque giornate".

 

I siluri dell'ingegner Comerio

"Quelli che ho riferito fino a questo momento sono solo pochi episodi, rispetto alla realtà dell'epoca", scrive l'ex boss. "In quel periodo il traffico dei rifiuti tossici e radioattivi era molto praticato. Diversi erano i faccendieri che con coperture varie svolgevano questo genere di attività per conto dei governi internazionali, i quali già negli anni Ottanta non sapevano dove piazzare queste enormi quantità di materiali pericolosi. Uno dei personaggi più importanti che mi è capitato di conoscere", si legge nel memoriale, "è stato l'ingegner Giorgio Comerio, il quale gestiva il progetto Odm (Oceanic disposal management), messo a punto dalla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) e poi da lui gestito in autonomia per sparare pattumiera radioattiva dentro missili sotto i fondali marini. Comerio si muoveva a livelli governativi internazionali, e le persone che contattava nei vari stati, europei e non, sapevano che aveva gli appoggi per mettere in pratica il suo studio sottomarino. Lui stesso mi raccontò che i fondali della Sierra Leone erano i migliori per la sua attività, in quanto non so perché accoglievano al meglio i suoi siluri con i rifiuti radioattivi. Preciso", scrive l'ex boss, "che ho conosciuto Comerio ai primi dell'aprile 1993 a Cetinje, ex capitale del Montenegro, una cittadina tra le montagne jugo slave. Ci ero andato per incontrarmi con il latitante per associazione a delinquere Giuseppe Giorgi, che faceva parte della famiglia di San Luca. Nell'occasione andammo a cena in un ristorante del posto, dove per combinazione trovammo Comerio, il quale era a tavola con una ragazza. Io non l'avevo mai visto, fu Giorgi a indicarmelo e a dire che in zona Comerio aveva vari movimenti di armi, e che era in grado di reperire qualunque arma, sia leggera che pesante. Poi mi presentò a lui e ci sedemmo al suo tavolo, mentre la ragazza veniva allontanata da Comerio".

 

"Fu un incontro prudente e positivo allo stesso tempo", si legge nel memoriale, "nel senso che facemmo tanti discorsi interessanti ma generici. Ci siamo poi rivisti alla metà di aprile in un ristorante di San Bovio di Garlasco, in provincia di Pavia, dove Comerio abitava in una villa che mi mostrò dall'esterno. Nel frattempo mi era giunta richiesta da parte di un membro della milizia ustascia di un certo quantitativo di armi, per cui chiesi a Comerio se avesse entrature in qualche fabbrica. Lui mi rispose che aveva ottimi rapporti con la tedesca Thyssen, e che mi dava volentieri quel contatto in quanto aveva una percentuale sulle vendite procurate. L'affare si fece nel 1994, mentre ero in carcere a Padova per traffico di stupefacenti. Ma la stessa sera Comerio mi fece a sua volta un'offerta, proponendomi l'acquisto di 50 aerei Antonov modello 12 e 22 e altri Iljusin 76. Una proposta che non raccolsi perché non sapevo in quel momento dove piazzarli. Viceversa ho saputo che è stata accettata da Victor Butt, un ucraino laureato presso l'accademia militare russa, il quale nel '95 avrebbe fondato una compagnia aerea a Ostenda e successivamente l'avrebbe registrata a Monrovia, capitale della Liberia. Poi trasferì gli aerei negli scali di Sharjah e Ajman, Emirati Arabi, e li vendette al governo della Liberia".

 

Così affondavo navi radioattive

"Sempre con Giorgio Comerio", continua l'ex boss, "la famiglia di San Luca ha fatto nel 1995 un altro affare che riguardava il niobio, solitamente utilizzato per costruire reattori nucleari. Comerio in quell'occasione chiese a Giuseppe Giorgi, detto 'u capra, genero del boss Sebastiano Romeo, di trasportare una certa quantità di quella sostanza, e la cosa andò in porto. Il niobio fu caricato su un container e trasportato con un aereo della Air Cess da Budapest alla Sierra Leone, dove Giuseppe Giorgi in persona lo consegnò ai responsabili della società Transavia. La famiglia di San Luca ricevette in cambio 250 milioni di lire, e non fu un episodio sporadico. Lo stesso Comerio mi raccontò che già negli anni Ottanta aveva avuto diversi contatti con la 'ndrangheta, e in particolare con Natale Iamonte, capo dell'omonima famiglia di Melito Porto Salvo, che lo aveva aiutato riguardo all'affondamento di navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi in acque internazionali davanti alla costa ionica calabrese. Comerio", si legge, "mi spiegò che affondava navi cariche di rifiuti pericolosi per ottenere un doppio guadagno, sia da parte di chi commissionava il trasporto, sia da parte dell'assicurazione che veniva frodata. Le sue parole mi sono state poi confermate dallo stesso Iamonte, il quale mi ha spiegato come Comerio gli avesse chiesto di fornirgli il personale di bordo per l'affondamento della Riegel, la nave della società May Fair Shipping di Malta, noleggiata dalla Fjord Tanker Shipping, a sua volta noleggiata a un'altra ditta di cui non ricordo il nome, mandata a picco nel settembre del 1987 davanti a Capo Spartivento. Iamonte mi disse che l'affondamento era avvenuto 25 miglia fuori dalle acque territoriali. La 'ndrangheta aveva fornito il capitano e il suo aiuto italiano, mentre il resto dell'equipaggio veniva da varie nazioni. Sempre Iamonte ha fatto partire un motoscafo dalla costa con i candelotti di dinamite per mandare a picco la Riegel, dopodiché il capitano e l'aiuto sono stati riportati sulla costa di Capo Spartivento, mentre l'equipaggio è stato prelevato dalla nave jugoslava Karpen collocata in zona, che l'ha portato in Tunisia".

 

"Io stesso", continua l'ex boss, "mi sono occupato di affondare navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi. Nel settore avevo stretto rapporti nei primi anni Ottanta con la grande società di navigazione privata Ignazio Messina, di cui avevo incontrato un emissario con il boss Paolo De Stefano di Reggio Calabria. Ci siamo visti in una pasticceria del viale San Martino a Messina, dove abbiamo parlato della di sponibilità di fornire alla famiglia di San Luca navi per eventuali traffici illeciti. Fu assicurato che non ci sarebbero stati problemi, e infatti in seguito è successo. Per la precisione nel 1992, quando nell'arco di un paio di settimane abbiamo affondato tre navi indicate dalla società Messina: nell'ordine la Yvonne A, la Cunski e la Voriais Sporadais. La Ignazio Messina contattò la famiglia di San Luca e si accordò con Giuseppe Giorgi alla metà di ottobre. Giorgi venne a trovarmi a Milano, dove abitavo in quel periodo, e ci vedemmo al bar New Mexico di Corso Buenos Aires per organizzare l'operazione per tutte le navi. La Yvonne A, ci disse la Ignazio Messina, trasportava 150 bidoni di fanghi, la Cunski 120 bidoni di scorie radioattive e la Voriais Sporadais 75 bidoni di varie sostanze tossico-nocive. Ci informò anche che le imbarcazioni erano tutte al largo della costa calabrese in corrispondenza di Cetraro, provincia di Cosenza. Io e Giorgi andammo a Cetraro e prendemmo accordi con un esponente della famiglia di 'ndrangheta Muto, al quale chiedemmo manodopera. Ci mettemmo in contatto con i capitani delle navi tramite baracchino e demmo disposizione a ciascuno di essi nell'arco di una quindicina di giorni di muoversi. La Yvonne A andò per prima al largo di Maratea, la Cunski si spostò poi in acque internazionali in corrispondenza di Cetraro e la Voriais Sporadais la inviammo per ultima al largo di Genzano. Poi facemmo partire tre pescherecci forniti dalla famiglia Muto e ognuno di questi raggiunse le tre navi per piazzare candelotti di dinamite e farle affondare, caricando gli equipaggi per portarli a riva. Gli uomini recuperati", si legge nel memoriale, "sono stati messi su treni in direzione nord Italia. Finito tutto, io tornai a Milano, mentre Giuseppe Giorgi andò a prendere dalla Ignazio Messina i 150 milioni di lire per nave che erano stati concordati".

 

Servizi molto segreti

"So per certo", racconta l'ex boss della 'ndrangheta, "che molti altri affondamenti avvennero in quel periodo, almeno una trentina, organizzati da altre famiglie, ma non me ne occupai in prima persona. So anche che nel 1994 la famiglia di San Luca ha acquistato tre navi. Una in Norvegia che si chiamava Aoxum, presa tramite Valentino Foti, italiano residente a Bruxelles nel consiglio di amministrazione della banca svizzera Fimo A.G., un'altra che si chiamava Marylijoan acquistata in Francia a Marsiglia dal faccendiere siciliano Cipriano Micciché e una terza che si chiamava Monika acquistata in Germania a Baden Baden tramite il faccendiere di Lubiana Dusan Luin. Tutti e tre gli acquirenti erano vicini alla 'ndrangheta e membri della Loggia massonica Montecarlo, con il numero di inserimento 33. Detto questo", precisa l'ex boss, "non mi ha stupito sapere che tali traffici avvenissero con simile frequenza, perché le coperture necessarie per non avere fastidi erano in atto da tempo. In particolare, io e la famiglia di San Luca avevamo rapporti diretti con alcuni esponenti in vista dei servizi segreti. Come ho già scritto, nei primi anni Ottanta Giuseppe Nirta convocò una riunione dei capi dopo essere stato contattato dal ministero della Difesa, e proprio in quel momento era stato contattato anche da due collaboratori del Sismi, Giorgio Giovannini e Giovanni Di Stefano, i quali chiesero alla famiglia di San Luca se fossero disposti a fornire manodopera per trasportare rifiuti tossici e radioattivi in Somalia per conto di aziende italiane che non sapevano più dove ficcarli. Della cosa", scrive l'ex boss della 'ndrangheta, "era al corrente il segretario del Psi Bettino Craxi, il quale però non seguiva questo genere di affari ma lasciava appunto che se ne occupassero i servizi. Giovannini stesso spiegò a Nirta che per via della troppo stretta amicizia tra lui e Craxi, nota a tutti, era meglio che in futuro i rapporti fossero tenuti da Francesco Corneli e dal colonnello Stefano Giovannone, entrambi vicini al Sisde. Infatti il mio primo contatto avvenne telefonicamente e poi di persona nel 1987 con Corneli, che vidi al ristorante dell'Hotel Barberini di Roma. Era in occasione dell'affare con l'Enea di Rotondella. Ci serviva la copertura al porto di Livorno per caricare i bidoni, e lui ce la procurò. Quando ci presentammo, un suo uomo ci disse che nessuno ci avrebbe disturbato, e così è stato".

 

Prima De Michelis, poi Pillitteri

"Anche nel 1993", stando al memoriale dell'ex boss, "il business con l'Enea coinvolse Corneli. Anche questa volta ci fornì la protezione, sia al porto di La Spezia sia a quello di Livorno. Inoltre Corneli mi chiese di caricare sulla nave che partiva da La Spezia per la Somalia alcune casse di armi che dovevano essere recapitate a Giancarlo Marocchino. In seguito sono stato arrestato, ma i rapporti tra servizi segreti e la mia famiglia della 'ndrangheta sono continuati, come d'altronde sono sempre stati costanti quelli con la politica. Cito per esempio l'incontro che ebbi nel dicembre 1992 al ristorante Villa Luppis a Pasiano di Pordenone con l'ex ministro degli Esteri Gianni De Michelis, che come ho spiegato alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria già conoscevo bene. Io partii in auto da Milano con Consolato Ferraro, rappresentante della 'ndrangheta reggina per la Lombardia, e quando arrivammo ci sedemmo a tavola con De Michelis e Attilio Bressan, un imprenditore del luogo che avevo già conosciuto in precedenza ed era molto amico del ministro. De Michelis", racconta l'ex boss, "faceva lo spiritoso, diceva che senza i politici noi della malavita non saremmo esistiti, e che se la politica avesse voluto spazzarci via lo avrebbe fatto senza problemi. Diceva così perché quell'anno c'erano stati gli omicidi di Falcone e Borsellino, ed era stata modificata la cosiddetta legge sui pentiti. Lui diceva che se anche questi pentiti avessero svelato fatti legati alla politica, sarebbe stato un boomerang, in quanto i politici si sarebbero comunque tirati fuori e si sarebbero vendicati. Inoltre parlai con De Michelis di Somalia, armi e rifiuti. Lui sosteneva che i politici avrebbero potuto trasportare qualunque cosa anche senza la collaborazione della 'ndrangheta, e che ci usavano per comodità. Io gli risposi che era vero quello che diceva, ma era vero anche che i politici si potevano sedere in Parlamento grazie ai nostri voti".

 

"In quell'incontro", continua l'ex boss, "si è poi parlato di investimenti che la famiglia di San Luca voleva fare a Milano. De Michelis disse che se avevamo bisogno di comprare locali, potevamo rivolgerci a Paolo Pillitteri, e così facemmo. Fu deciso nel corso di una riunione tra vari boss che avvenne subito dopo a Milano nel ristorante 'Pierrot', in zona Ripamonti, alla quale partecipai anch'io. In quell'occasione Antonio Papalia, rappresentante della 'ndrangheta zona aspromontana in Lombardia, si offrì di presentarci Pillitteri, con cui aveva già concluso affari. La presentazione avvenne nel suo ufficio di piazza Duomo e oltre a Papalia c'eravamo io, Stefano Romeo e Giuseppe Giorgi. Grazie ai buoni uffici di Pillitteri, la famiglia di San Luca ha perfezionato l'acquisto di un bar in Galleria Vittorio Emanuele, che poi è stato sequestrato proprio perché comprato con soldi sporchi, quello di un altro bar in via Fabio Filzi e di altri locali dei quali ho sentito parlare ma che non ho seguito direttamente".

 

"Preciso", conclude l'ex boss, "che dal 1994 ho iniziato a collaborare con la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria riguardo ai temi della criminalità organizzata e del traffico internazionale di stupefacenti, e da quel momento non ho più svolto attività per conto della 'ndrangheta".

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CABDULLAHI YUSUF, CALI MAHDI, inj. MUNYE IYO GIANCARLO MAROCCHINO AYAA KA DAMBEEYAY SUNTA SOOMAALIYA LAGU SHUBAY (Toxic Waste)

(L’Espresso N. 22 – 9 June 2005)

 

15 June 2005-06-15

 

Qaybta kowaad.

 

Wargeyska caanka ah ee L’Espresso ee usbuuc walba ka soo baxa wadaanka Talyaanika ayaa waxaa uu N. 22 ee soo baxay usbuucaan 9 June 2005 ayaa helay dokumeenti aad u muuhiim ah oo ku saabsan xaaladda Sunta Nuklearka (radioactive toxic waste).

 

Dokumeentigaan oo loo guudbiyay Maxkamadda Talyaniga waxaa laga helay nin madax ka ahaa koox ka mid ah Mafia da Calabria iyo Sicily degta ee wadaanka Talyaaniga oo lagu magacaabo 'ndrangheta, kooxdaan oo ka qayb qaadatay duugiitaanka iyo suunta badda lagu shubo intii ka dambeysay 1983 mashruuca loo bixiyay ECOMAFIA.

 

Ninkaan oo ahaa madaxda ka mid ah kooxdaan magaciisiina la qarinaayo, waxaana ku magacaabaya “Ndrinuâ€, jaaraaidkuna wuxuu qoray in uu haysto “witness protection†maadaama uu la shaaqeynayo kooxda dowladda Talyaniga ee Anti-mafia.

 

Dokumeentigaan wuxuu ka hadlaaya arrimo aad u faro badan oo la xariira dhowr qof oo siyaasiin sare ka ahaan jiray dowladda Talyaaniga, militariga Talyaniga, mafia da, niman beec mushtar ah, bangiyada, hayaadaha sirdoonka, iwm.

 

Waxaase uu ninkaanu soo bandhigay oo uu ka hadlay hoogaamiyee kooxeedka dagaalka Soomaaliyeed, niman Talyaani ah oo Soomaalida la shaqeyn jiray iwm.

 

Sidaa aad la socotaanba arrinta Sunta khatarta ah ee lagu shubay Soomaaliya waxay bilaabatay waqtiyaaddii dowladdi la riday 1985tii iyo wixii ka dambeyaay. Laakin arrinta ugu foosha xun ee loogaga beecmushtaraayo Sunta oo wadanka lagu gatay laguna badashay hubka (arms-toxic waste traffic deal) waxay bilaabatay 1990 wixii ka dambeyaay. Waxaana door weyn ka qaatay hoogaamiye kooxeedyadda Soomaaliyeed.

 

L’Espresso waxaa uu soo ogaaday oo lagu qoray dokumeentiga dowladda Talyaaniga ay gacanta ku hayso in ay ka qayb qaateen Cabdullahi Yusuf iyo dad kale:

 

Cabdullahi Yusuf waxaa lagu sheegay in uu 1992 lacag dhan 7 malyaan dollar looguna shubay Bangiga “Credit Suisse†oo Lugano ku yaala, lacagtaas waxaa maalinta “Ndrinu†la socday Dr. Candelieri oo lacagta xawilay. Dr. Candelieri waxaa uu waqtigaas madax ka ahaa qolodda loo xil saaray in ay gubaan Suntaan. Waxaa uu L’Espresso sheegay in Cabdullahi Yusuf uu ogooladay dhul ka mid ah Puntland iyo baddaha Bari ee Soomaaliya in lagu aaso Suunta. Suunta qaar waxaa lagu shubay wadaada isku xirta Garoowe-Boosaso .

 

"L'operazione", commenta l'ex boss della 'ndrangheta, "si è svolta ancora una volta senza problemi e ha previsto vari pagamenti. Il contatto Abdoullahi Yussuf per la di sponibilità del territorio ha voluto 1 miliardo 200 milioni di lire, che gli furono pagati da Candelieri in Svizzera presso il Credit Suisse di Lugano, dove lo accompagnai personalmente fino alla bancaâ€

 

 

Waxaad qaybaha kale ka heli kartaan jaraiidka L’Espresso N. 22 – 9 Giugno 2005.

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OLOL   

I will translate this in ENGLISH AND SOMALI soon, so people will be aware of this serious and grave crime against Somali.

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Fyr   

Thou I didn’t understand one word out of the article except the topic name, which is a funny coincidence that I’ve just finished watching a movie about llaria Alpi titled “The Cruelest Day †on SVT (Swedish Television). The Italian journalist llaria alpi was killed in 1994 along with her camera man in an ambush in Mogadishu. She was investigating hazardous waste dumping in Mogadishu, Garowe-Boosaaso, Kismayo and dozen other places in south and north Somalia when she was assassinated. I advice everyone to go and rent this movie if you can, its very informative and beautiful. Black hawk down doesn’t even come close to the environment and the surroundings the movie was shot in.

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OLOL   

Here is the first part of the translation. I am working on this, even though it is long and am busy.

 

Ndreghetta is a crime family in Calabria, second to the Mafia in Sicily.

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One Boss talks:

Thus, the state has been paying the Ndreghetta, to dispose the toxic waste.

 

Condemned for drug trafficking, he collaborated with the AntiMafia. Thought to be reliable, now he has delivered to the judges a memorandum. An explosive one!

Ricardo Bocca.

 

From June 2004, L’esspresso has published a series of long articles in regards to the International trafficking of toxic and radioactive waste. It is an investigation that had its first journey on the Rosso Case.

It is about the motor-vessel that has been going around the Calabria coast in 1990s that is today at the center of this investigation done by Attorney of power, Paula.

Following this, the inquiry of our newspaper has encompasses to the entire incident of the so-called ' carts of the see', the ships that between years Eighty and Ninety would have been sunk voluntarily with their toxic and nuclear cargo aboard. Transactions of ecological dimensions that have been investigated by the attorneys of Reggio Calabria, and that would have involved dozens of political and foreign affairs nations, intelligence agencies and manufacturers, freemasons, criminals.

 

A case marked by the mysterious death of Captain Natale Degrazie, a key adviser to the inquirers, as well as the traces of secret exchanges between Italy and Somalia in the different stages of the cooperation regarding the cause of the killings of journalists Ilaria the Alps and Miran Hrovatin.

 

Now, L’esspresso has come to acquaintance of a new document, a long and detailed memorandum written by the former head of ‘Ndreghetta’(see the table), kept here anonymous for security reasons who is already collaborating with authorities for past crimes, serving now a thirty years sentence for criminal association of international drug trafficking.

 

 

With the direction of the national Antimafia, he delivered pages in the first person about episodes he lived through where he revealed the illegal sinking of ships carrying radioactive materials and shifting to other ships carrying international arms trafficking with the convergence of men from the government and intelligence agencies. These documents will be leaved through in full details by the magistrate who for a long time was working at related fronts to confirm and re-evaluate the responsibility of the involved individuals.

 

Above all, all the sites have to be verified with a careful attention whether in Italy or not, where the author of the memorandum says are buried the barrels of the toxic and radioactive waste. This is a course of action L’esspresso will follow progressively in the hope of revealing the truth to those effected by these criminal incidents.

 

The first head of the ‘ndreghetta†who understood the importance and profitability of the international business of toxic and radioactive waste was Giuseppe Nirta. He was responsible of the territory of Saint Luca and Mammasantissima that is the highest rank of the organization. He had contacts with individuals of the secret service, freemasons, and politicians in Rome. This is how the memorandum delivered by the former head of the Ndreghettta to the Antimafia begins with. In which he precisely says “then, I had no direct relations with the highest ranking bosses of the San Luca family, which I was affiliated with. My role was only to manage racketeering. Nirta was a distant cousin of my mother, because of this; I had a preferential treatment with him. He so often assured me that the business of this hazardous waste would bring a lot of money into our cause.†“in particular†it reads “ Nirta explained to me that it has been proposed to him by the defence minister, Lelio Lagorio, with who he had a relationship through the underscerertary of transportation, Nello Vincelli and the honorable MP, Vito Napoli, to stack barrels of toxic waste and hide it designated zones in Calabria.â€

 

______

 

continues

 

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as you have already sensed from the above, it involves italian secret agency, the corrupt politicians in both the italian goverment and parliament, the Mobsters in Calabria, the killings if journalists in Somalia,

 

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just wait when it comes to the Somali warlords and how much money they were paid and where all these barrels of nuclear radiactive toxic waste were dumped.

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Rokko   

looooooooool. You are one funny Eriterian. ;)

 

And what did the militias from Mudug/Galgaduud do for Somalia? Build hospitals and grow corn? ;)

 

It is interesting how the men you mentioned are from other sub clans na'mean.

 

If anynone dumped toxic waste or destroyed the nation, it is done by none other than the Mudug/Galgaduud militias na'mean.

 

Be fair and make sense when you post khuraafaads like this na'mean.

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Akash   

Es Selam'ýn Aleyküm,

 

This Topic Aroused me but When You are at some where in coast of somalia you will never know the fact unless you wont get hard evidance, but why not media didn talk it if its Toxic waste dumping in somalia

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OLOL   

Akash...saaxiib do google search on Somali toxic waste dumping and you will be amazed by how many organizations and news agencies are involved.

 

Mopp - this toxic dumping has nothing to do with regions but with corrupt italian politicians, secret service agents, italian crime rings such as the mafia and Somali warlords( As far as we concerned we need to expose all of them for the crimes they have done against us )

 

- the two important names in this confession by the ex boss of the ndraghetta crime family ...when it comes to somali warlords.. are Ali Mahdi and Ina Yeey. ... also mentioned are Engineer Munye and Musi sudi. ..... i will continue working on the translation.

 

so please hush up with your clannish biases against innocent illiterate somali folks in certain regions, this is a matter of national, international, global, environmental question. it is about the injustice and the unethical nature of dumping toxic radioactive nuclear waste from developed world into poor third world countries. Somalia is a case study because of its status as a failed state.

 

here is the link of the article am working on translating. it is long one and i am kind busy but i will translate it into English by hook and crook so people will be aware of this tragedy.

 

http://www.espressonline.it/eol/free/jsp/detail.jsp?m1s=null&m2s=a&idCategory=4791&idContent=971132

 

 

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One Boss talks:

Thus, the state has been paying the Ndreghetta, to dispose the toxic waste.

 

Condemned for drug trafficking, he collaborated with the AntiMafia. Thought to be reliable, now he has delivered to the judges a memorandum. An explosive one!

Ricardo Bocca.

 

From June 2004, L’esspresso has published a series of long articles in regards to the International trafficking of toxic and radioactive waste. It is an investigation that had its first journey on the Rosso Case.

It is about the motor-vessel that has been going around the Calabria coast in 1990s that is today at the center of this investigation done by Attorney of power, Paula.

Following this, the inquiry of our newspaper encompasses to the entire incident of the so-called ' carts of the see', the ships that between years Eighty and Ninety would have been sunk voluntarily with their toxic and nuclear cargo aboard. Transactions of ecological dimensions that have been investigated by the attorneys of Reggio Calabria, and that would have involved dozens of political and foreign affairs nations, intelligence agencies and manufacturers, freemasons, criminals.

 

A case marked by the mysterious death of Captain Natale Degrazie, a key adviser to the inquirers, as well as the traces of secret exchanges between Italy and Somalia in the different stages of the cooperation regarding the cause of the killings of journalists Ilaria Alpi and Miran Hrovatin.

 

Now, L’esspresso has come to acquaintance of a new document, a long and detailed memorandum written by the former head of ‘Ndreghetta’(see the table), kept here anonymous for security reasons who is already collaborating with authorities for past crimes, serving now a thirty years sentence for criminal association of international drug trafficking.

 

With the direction of the national Antimafia, he delivered pages in the first person about episodes he lived through where he revealed the illegal sinking of ships carrying radioactive materials and shifting to other ships carrying international arms trafficking with the convergence of men from the government and intelligence agencies. These documents will be leaved through in full details by the magistrate who for a long time was working at related fronts to confirm and re-evaluate the responsibility of the involved individuals.

 

Above all, all the sites have to be verified with a careful attention whether in Italy or not, where the author of the memorandum says are buried the barrels of the toxic and radioactive waste. This is a course of action L’esspresso will follow progressively in the hope of revealing the truth to those effected by these criminal incidents.

 

The first head of the ‘ndreghetta†who understood the importance and profitability of the international business of toxic and radioactive waste was Giuseppe Nirta. He was responsible of the territory of Saint Luca and Mammasantissima that is the highest rank of the organization. He had contacts with individuals of the secret service, freemasons, and politicians in Rome. This is how the memorandum delivered by the former head of the Ndreghettta to the Antimafia begins with. In which he precisely says “then, I had no direct relations with the highest ranking bosses of the San Luca family, which I was affiliated with. My role was only to manage racketeering. Nirta was a distant cousin of my mother, because of this; I had a preferential treatment with him. He so often assured me that the business of this hazardous waste would bring a lot of money into our cause.â€

 

With the help of the minister

 

 

“In particular†it reads “Nirta explained to me that it has been proposed to him by the defense minister, Lelio Lagorio, with who he had a relationship through the undersecretary of transportation, Nello Vincelli and the honorable MP, Vito Napoli, to stack barrels of toxic waste and hide it designated zones in Calabria.†He also informed me that the Napolitan Camorra (Naples racket) and the Sicilian Mafia has been already consulted with disposal of the toxic waste and that they have given their approval.†The thing however, writes the former boss “it didn’t advance immediately; there were series of meetings the following months which were carried in the open near the sanctuary of Polsi, on the mountains of Santa Luca, where also the annual meeting of the Ndreghetta was held. At the meeting were represented by all the crime families: for the family of Melito Porto Salvo in the person of Giuseppino Barbaro, for the family of Sinopoli in the person of Domenico Alvaro, for the family of Gioiosa Marina in the person of Salvatore Aquino and naturally of Saint Luca family in the person of Giuseppe Nirta. It was the same Nirta who informed me of the particulars, because it had been decided that I would have had to take care of the organizational aspect of the family of Saint Luca, and therefore I had to know of the more important structures and transactionsâ€

“from these reunions†writes the Ex Boss “the meeting didn’t come up with a common front, there were divergent opinions, because they didn’t want hazardous substances buried in Aspromente, a territory loved by the bosses and at the same time, it was the area where they held and hide those kidnapped by the Ndreghetta. At the end, it was decided to discuss the great business of toxic hazardous waste with the agreement that every family would have managed the activities in the mutual respect but for the own facts but for the right reasons. So it was attempted to find sites outside of Calabria, or a foreign country, and at the end, the choice fell on as far as Italy, on the Basilicata, because it was a land of no one from the point of view of gangsters. And when it comes to the foreign country, the Turkish Mafia was contacted for the acquisition and purchase of heroine, and the person we had as a point of reference was Mehmet Serdar Alpan, who is also the financier of Lupi Griggi. From this point on, my bosses initiated to keep I informed constantly of how the situation was evolving. My first direct engagement in the field of the toxic hazardous waste started at the end of 1986, even though the operation had a prologue in the spring of 1983â€

It was then ", explains the Ex-boss in his memorandum, that he has been sent to Rome by Sabstiano Romeo, who in previous months succeeded Nirta as the head of Santa Luca Family. He wanted me to meet the lawyer, Giorgio De Stefano, cousin of Paolo De Stefano, boss of the Reggina Family, a man with so many political links. Romeo has said to me he would indicate me which foreign countries that would fit the disposal of the radioactive and toxic waste. De Stefano told that the ideal place would be Somalia, specifying for this reason, it would be useful to have high contact within the Socialist party. After which, through lawyer De Stefano, I had an appointment in Rome with Pietro Bearzi, then general secretary of the Chamber of Commerce for the Somalia. We met in a hotel behind Via Cristoforo Colombo, where I explicitly said that we had selected Somalia for the disposal of toxic and radioactive waste, and then we asked him if he was in position to help us. With some disturbance, I have generically told him that he would be paid with generosity. He told me his availability and asked at what level we were moving and I have vaguely answered that we have the necessary political reference or backing.â€

 

The Sixteen Hundred Barrels in Basilicata.

 

“He left us saying to that there would be detailed reviews†continues the Ex Boss. “Therefore I reported to all the particulars to Sebastiano Romeo, who only said to me ‘all is going well, we don’t make things in haste’ adding as he loves to say a proverb: ‘the cat that is hurry gives birth to blind offspring’ In regards to these questions, we didn’t occupy ourselves with it until at the end of October of 1986, when I was living in Reggio Emilia to manage the drug trafficking for the San Luca Family in Emilia Romagna and Lombardia. In this context, I was doing business with Musitano di Plati family whose head was Domenico, known as ‘the fascist for his dictatorial tendency’, for he was free to wait the process but for an ordinance decree was not able to reside in Calabria, the reason why he had transferred to Nova Siri, in the province of Matera. He asked of a meeting†it says “that there are 600 barrels containing toxic and radioactive waste, asking me if I and my family are interested in the different faces of transportation and placement. First of all, I asked him how much we will earn and who has shown some prospect in this job. He explained to us that he has been approached by Tommaso Candelieri dell'Enea di Rotondella (Italian Energy and Gas Company) who for a certain period was stacking toxic waste from Italy, Switzerland, France, Germany and United States and at the precise moment was required to make sure these stalks deposited in two hangars owned by the same Enea disappear. And as far as money is concerned, I would have pocketed 660 million for all that is made of the operation, for this, I met in Milan, at Loreto square ,Giuseppe Romeo, brother of Sebastiano, who came from Calabria for reference, after a week he returned to Milan to give me the go aheadâ€

“For a support†explains the Ex boss of the ndreghetta, “Musitano gave me the availability of the son-in-law, Giuseppe Arcadi, who helped me to find the trucks and the drivers for the transportation of the toxic waste. We calculated that for 600 containers there would be needed approximately 40 months, in which they have to withdraw all the barrels from the hangars of Rotondella, and to load them on a ship that would have left for the Somalia. It seemed everything was ready ", he writes," but Musitano was killed by ' ndrangheta in front of the court of Reggio Calabria, where he was convened for an audience. This( Musitano’s killing) stopped our job momentarily, then but it resumed in January of 1987, because the same Musitano shortly before dying had introduced me Candelieri, with whom I had straightened the first agreements in the course of an encounter at house of the same Musitano ".

 

From Mogadiscio to Livorno

 

“The ship that we used for the operation ", continues the memorandum," was called Lynx, was of property of the society Fyord Tanker Shipping of Malta and the broker was Fin-Chart, who had his central office in Rome and was tied to the Swiss society Achair & Partners. Both were head of the society Zuana Achire that had it central office in Singapore and whose administrator was the Indonesian citizen, Gurda Ceso. Precisely†the former ex boss writes," the Lynx ship had been rented from the society with center to Opera Jelly Wax, of Renato Pent, to whom I had asked a cover after he had been referred to me by the general secretary of the Italian-Somali Chamber of Commerce, Peter Bearzi. The fact is that, according to our calculations, in storage would have been only 500 containers; therefore to assess was to dispose the other 100. It was therefore that we decided to proceed with a two planes: 500 containers would be leaving for Somalia, while the remaining 100 would have been hidden in Basilicata. For accuracy, I gave order that it had to be transported and buried in the community of Pisticci, in the locality of Coasts of the Cretagna, along the bank of the Vella River ". I participated directly in the operation, that was carried out between the 10 and the 11 of January 1987", tells the ex boss. “ We left with the 40 truckloads to Rotondella, around two at night and an hour later we arrived, around seven or eight at the Vella river, where a big hole had been predisposed and was filled up with the barrels and then covered up. To prepare the trench had been the machinery put in disposition by Augustin Ferrara, man of Musitano that lived in Nova Sirta, who also secured the light in order to illuminate the area. In the same hours, the other trucks proceeded for the port of Livorno, where the Lynx was waiting for them and after finishing the job in Bisilicata, I came on board with my Lancia Thema with Giuseppe Arcadi. The invoices with false descriptions in order to embark toxic and radioactive waste had been prepared by a Milan businessman, who had been introduced to me by businessman, Vito Roberto Palazzolo di Terrasini (today fugitive), and they were registered to the office International consulting of Djibouti. The ship in fact left directly from Livorno for Djibouti, instead of docking there, it reached Mogadiscio. At the point in action was the assistance that I had asked the general secretary for the Italian-Somali Chamber of Commerce, who had organized trucks and labor for the unloading of the ship and the cargo onto trucks. “The toxic waste†it reads, “had been taken to the dead Shebelle river outlet, where they have been buried for good and best by the available excavation machinery on place, in agreement with the head of the tribe of the zone Musa Sudi Yalahow ". The entire job, tells the ex boss, “cost us about 260 million that was added to the compensation. As far as the 600 million agreed, it came from the encrypted account “whisky†of the Italian Switzerland bank of Lucern. Marino Ganzerla, of the foreign affairs office, had given me an appointment in the same Lucern on February 1st and he paid me cash on behalf of Candelieri. He delivered the money to me in dollars, and I sent 500 million Liras to the family of San Luca ".

 

Uranium, Kalashnikov and Corruption

 

“The operation ", continues the memorandum," was spun smooth. All were satisfied, for some years later (in the meantime I have been in jail) we repeated the job. This time I was to contact Candelieri. November of the 1992 I asked him always on behalf of the family of San Luca if there were transactions to carry out.

I went personally in his office at the Enea di Rotondella and his answer was that in this field there was always plenty of work. In this case, it referred to the transportation of thousands of containers of toxic and radioactive waste. It specified that there were oozing and hospital waste and that was product of oxides of uranium, cesium and strontium, all contained in barrels that in time had been arranged in 20 containers ,25 meters long and 6 meters wide each, property of the Merzario Maritime society, that above all, on behalf of the Somali authorities, controlled the entry of the ships in the new port of Mogadishu.

 

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continues

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